ILLUMINIAMO LA SALUTE
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Seminario - Il conflitto di interessi Bologna 26 giugno 2014

Tutela della salute e conflitti di interessi

Chiara Rivoiro

Ricercatrice Coripe

 

In questo intervento vi proporrò alcune riflessioni che sono l’inizio del progetto di ricerca finanziato dalla Compagnia San Paolo, un tentativo di cogliere gli elementi chiave e gli aspetti peculiari del conflitto di interesse in ambito sanitario. Andremo a vedere cosa dice la letteratura scientifica al riguardo e qual è il percorso che un professionista che opera in ambito sanitario deve affrontare per raggiungere l’interesse primario che tutti concordano essere la tutela della salute dei pazienti.

Cominciando da una sintesi delle definizioni di conflitto di interesse proposte in letteratura, possiamo affermare che la maggioranza degli autori propone una distinzione fra condizione e comportamento. Prendiamo l’esempio di un camminatore che va in montagna: nel suo percorso incontrerà pericoli di differente natura: gli animali del bosco, la pietraia scivolosa, fino ai crepacci. Se è una persona amante del rischio andrà da solo, con poca attrezzatura e non si preoccuperà delle condizioni meteorologiche. Se è prudente si attrezzerà in modo adeguato, cercherà qualcuno che lo guidi in questo percorso, sarà attento alle indicazioni meteorologiche. La questione fondamentale è che lui si trova comunque in un ambiente con dei pericoli che pongono a rischio la sua incolumità fisica, a prescindere dai comportamenti che deciderà di mettere in atto. E in ambito sanitario sono molteplici i fattori di rischio nella pratica quotidiana di tipo clinico e di ricerca. Sicuramente la relazione medico paziente è un ambito fondamentale in cui dobbiamo addentrarci per capire quanti conflitti di interesse possono avere influenza sul raggiungimento dell’interesse primario, ovvero la tutela della salute delle persone. Allo stesso modo l’ambito della ricerca, la comunicazione scientifica, tutto l’ambito amministrativo portano con sé grandi problematiche di questo tipo.

La distinzione fra condizione e comportamento ci è utile per non confondere quelli che abbiamo definito i fattori di rischio, i pericoli, da quelle che sono le modalità di approccio di ciascuno di noi di fronte a questi pericoli. Come accennato, posso essere una persona che per testimoniare di essere arrivato fino a li, vado vicino al crepaccio a fare una foto, ci scendo dentro, per avere la soddisfazione di poter dire di avere sfidato quel rischio. Questa distinzione ci serve anche perché parlare di conflitti di interesse evoca a volte sensi di colpa, si viene accusati di parlarne nel posto e nel momento sbagliato. Questa è una visione che dobbiamo superare cercando piuttosto di spostare la responsabilità dal singolo operatore, che ovviamente rimane, verso una responsabilità plurale legata al sistema e alle interferenze che i diversi soggetti hanno verso il sistema sanitario.

Vediamo ora quali sono gli elementi chiave del conflitto di interesse, partendo dall’ambito clinico. La maggior parte delle definizioni proposte in letteratura muovono da una prospettiva centrata sul singolo professionista. Quello su cui vorremmo centrare l’attenzione è che la condizione di conflitto di interesse implica una relazione, un rapporto fra almeno due soggetti, dove ad un certo punto si creano le condizioni perché interessi diversi entrino in conflitto. In genere i due soggetti hanno anche livelli di conoscenza differenti: ad esempio il medico ha un bagaglio di conoscenze legate alla propria esperienza che sono superiori a quelle del paziente.

La lettura che daremo è un tentativo di semplificazione di una realtà molto complessa al fine di individuarne elementi salienti, certi che sarà adattabile a tutti i possibili contesti o situazioni. Può essere utile utilizzare un paradigma che deriva dalla teoria economica, ovvero la relazione principale-agente o di agenzia, nella quale il principale (nel nostro caso il paziente), portatore di un interesse primario (risolvere una problematica di salute) si rende conto che non ha informazioni sufficienti per risolvere questo problema, pertanto cerca qualcuno che possa aiutarlo a colmare questa lacuna conoscitiva. Questo qualcuno (l’agente, ovvero il medico nel nostro caso) ha, dal canto suo, degli interessi propri che nella maggioranza dei casi coincideranno con l’interesse primario del paziente, ma non sempre. Si viene a creare una relazione basata su un’asimmetria informativa: ed è questo uno dei concetti fondamentali per comprendere le situazioni di conflitti di interesse. Il rapporto di agenzia lo si ritrova anche nella vita quotidiana: spesso ciascuno di noi ha infatti bisogno di altri che hanno un bagaglio di conoscenze maggiore. Si pensi al caso dell’acquisto di una casa e all’aiuto che ci può fornire un agente immobiliare.

Cercando allora di centrare l’obiettivo sulla relazione tra due soggetti, potremmo arrivare a definire il conflitto di interessi come un insieme di circostanze che possono creare o aumentare il rischio di interferenze improprie sull’interesse primario di un soggetto non esperto (come un paziente), favorite da interessi secondari di un soggetto più esperto (nel nostro caso, il professionista sanitario).

Questo modello della relazione di agenzia è meno utile per tentare di capire il ruolo delle asimmetrie informative nel mondo della ricerca. Partiamo, ad esempio, da un contesto pubblico dove un finanziatore, il cui obiettivo primario è presumibile che sia il miglioramento delle conoscenze scientifiche, affida ad un gruppo di ricerca un lavoro utile a colmare lacune conoscitive in un particolare ambito scientifico. Questo interesse primario del finanziatore viene consegnato attraverso un contratto e, di conseguenza remunerato, ai singoli ricercatori. Anche in questo caso obiettivo primario dei ricercatori dovrebbe coincidere con quello dell’ente finanziatore, ma sappiamo bene però che ciascuno può essere portatore di altri interessi: entrano in gioco quello che la letteratura definisce interessi secondari, quali il guadagno economico, l’avanzamento di carriera, la soddisfazione professionale o la stima presso la comunità scientifica. Tali interessi, lungi dall’essere negativi di per se stessi, lo diventano quando risultano prevalenti o interferiscono negativamente con l’obiettivo primario, in questo caso, il progresso delle conoscenze scientifiche. E’ un pò forzato affermare che esista tra ente finanziatore e ricercatore un’asimmetria informativa tale da configurare una relazione di agenzia. Per di più, dovremmo anche soffermarci a riflettere sui casi in cui il ricercatore stesso non è perfettamente a conoscenza degli obiettivi primari del suo finanziatore. La situazione è altresì complessa quando si pensi ad un ambito di ricerca privato. Il finanziatore oltre ad avere interesse ad aumentare la conoscenza scientifica, sicuramente si pone l’obiettivo della massimizzazione profitto: in questo modo il suo interesse primario ha due componenti che già tra loro potrebbero entrare in conflitto.

Procedendo nel tentativo di comprendere meglio la condizione di conflitto di interesse, la letteratura scientifica ha tentato di classificarli secondo l’oggetto che può costituire l’interesse secondario di uno dei soggetti della relazione. Come già accennato, è possibile che a dispetto del raggiungimento dell’obiettivo primario del paziente o della ricerca possano interferire interessi economici, avanzamento di carriera, interessi personali (religiosi o etici). Di nuovo, sottolineiamo che non sono interessi negativi di per sé: pensiamo al caso in cui un professionista che si ponga quale obiettivo primario l’avanzamento di carriera, possa far beneficiare di questo il paziente, attraverso un suo maggior impegno nella professione per raggiungere quel risultato.

Ancora, si parla di conflitti di interesse attuali o reali quando il professionista si trova nella condizione di dover gestire un rischio presente, in atto (nell’esempio della montagna: il camminatore si trova davanti al crepaccio e deve decidere come affrontarlo). I conflitti di interesse sono potenziali quando il soggetto è coscio del fatto che ad un certo punto del percorso (dell’attività clinica o di ricerca), perseguendo determinati comportamenti si troverà a dover affrontare quel rischio particolare e dovrà decidere come comportarmi. Il conflitto si dice apparente quando la condizione è percepita dall’esterno, dalla società o dai colleghi, i quali, a causa della mia situazione o condotta precedente, percepiscono che una condizione di conflitto di interessi tale da costituire un rischio per l’integrità dell’operato del professionista, anche se magari un conflitto attuale non esiste.

Quando si pensa alle sue conseguenze si parla di conflitti di interesse diretti: le conseguenze agiscono direttamente sui soggetti della relazione. Si pensi ad un medico di medicina generale che per il rapporto con un informatore scientifico, dopo aver ascoltato le informazioni su un determinato farmaco, aver partecipato a congressi scientifici sponsorizzati da quell’industria farmaceutica, aver ottenuto gadget di diverse tipologie che comunque ricordano un particolare farmaco, cambi la propria pratica prescrittiva e proponga quel particolare medicinale anche in situazioni in cui non sia appropriato. Tale condizione ha un effetto diretto sul medico (modifica la pratica prescrittiva) e sul paziente (riceve un medicinale non appropriato per sua condizione clinica). Si parla di conflitti di interesse indiretti quando le conseguenze sono mediate da qualche altro soggetto o avvenimento.

Cosa succede al professionista, medico o ricercatore, che deve operare in questo contesto così pieno di pericoli, anche a prescindere dai suoi comportamenti? Ritorniamo alla relazione medico-paziente. Il medico per poter dare risposte adeguate al paziente ha bisogno lui stesso di informazioni aggiornate, ritrovandosi in una condizione di asimmetria informativa rispetto alla comunità scientifica che continuamente produce una tale mole di conoscenze impossibili da acquisire in maniera rapida e critica. Il medico poi vive in un contesto che può presentare una serie di situazioni che hanno influenza sulla risposta al paziente: si pensi ad esempio la difficoltà oggi dei medici nel dedicare il giusto tempo all’ascolto empatico del paziente, al carico di stress, alla ristrettezza di risorse: tutti fattori che possono giocare un ruolo nel raggiungimento o meno dell’interesse primario del paziente. Il medico poi deve andare a cercare informazioni in un mondo dove la produzione di informazioni scientifiche aumenta in modo esponenziale con 1.800.000 articoli pubblicati ogni anno su più di 25 mila riviste. C’è poi il mondo del farmaco dove i clinici sono sottoposti alla pressione di centinaia di nuovi farmaci ogni anno con molti informatori scientifici e a fronte di tale complessità si può comprendere come anche un corpo professionale integro sia portato a cercare vie semplificate di accesso alle informazioni utili. Il medico, in particolare, di fronte ad un nuovo quesito clinico di cui non conosce perfettamente la risposta, potrà chiedere un parere al collega più esperto, cercare linee guida, sondare altri documenti della società scientifica di riferimento, cercare nei database della letteratura scientifica: ciascuna di queste fonti informative a sua volta ha problemi di indipendenza e integrità. Ed è da queste difficoltà che origina l’accettazione acritica dell’informazione mediata da informatori scientifici: una semplificazione di un processo, altrimenti complesso, che richiede tempo e competenze specifiche.

Il problema di fondo è che nel tempo si è abbassato il livello di percezione del rischio da parte degli operatori. Le abitudini tramandate dai senior ai più giovani divengono comportamenti usuali, accettati dalla comunità di riferimento, dai colleghi e sui quali non si avverte più l’esigenza di soffermarsi e riflettere. Nel tentativo di limitare le interferenze di interessi secondari sull’obiettivo primario in ambito sanitario, nel tempo sono stati messi in campo differenti strumenti, che qui non analizziamo in profondità: si pensi ai codici etici, ai codici di comportamento, alla pratica della peer review nel mondo dell’informazione scientifica e altri. Sicuramente lo strumento più usato e sul quale la comunità scientifica oggi più riflette è quello della dichiarazione dei conflitti di interesse. La letteratura esprime in modo unanime il parere che tale strumento non è sufficiente alla gestione corretta dei conflitti di interesse. Risulta in particolare necessario approfondire qual è il livello di rischio oltre il quale sia dovuto intervenire per prendere precauzioni nei confronti dell’operato di quel professionista che si trova in quella specifica condizione di conflitto di interesse.

Qualcosa si sta facendo, se pensiamo all’esperienza di organismi regolatori come l’European Medicines Agency (EMA) in cui, quando la situazione è considerata particolarmente rischiosa un soggetto non può votare per quel tema per il quale è esposto a importanti conflitti di interesse. O quando, per la stesura di linee guida o documenti di indirizzo che avranno un impatto su medici o ricercatori, si impone che la maggioranza delle persone che compongono il board scientifico non abbiano condizione di conflitto di interesse.

Concludendo, vorrei proporvi alcuni pensieri di uno dei sostenitori del progetto Illuminiamo la salute, Luigi Ciotti, che dovrebbero essere patrimonio culturale di tutti noi. Ciotti ci dice che bisogna ritornare a ridare valore all’etica, intesa nel senso del riconoscimento dell’esistenza dell’altro. Io riconosco che c’è un altro diverso da me e che il mio operato non avrebbe senso se non ci fosse l’altro, il medico non avrebbe senso se non ci fosse il paziente di fronte. Questo recuperare significato, implica ritornare a riconoscere la responsabilità che ogni azione che faccio ha una conseguenza sugli altri, sulla malattia di chi mi sta di fronte o sul pezzo di ricerca che sto facendo.

E qui ritorna l’importanza dell’educazione: non ci servono tante norme, tante regole. Abbiamo bisogno di esempi concreti, reali: chi ha più esperienza e conoscenza clinica e di ricerca deve trasmettere ai più giovani un patrimonio culturale fondato sull’etica della relazione. Spesso infatti le cose che succedono anche in riferimento ai conflitti di interesse accadono perché si è sempre fatto così, i giovani dicono di aver visto il proprio maestro fare così. Il ritornare a questa responsabilità può aiutarci ad affrontare anche questa tematica così complessa.

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